Differenza tra roto-scoliosi e scoliosi funzionale
Il termine “scoliosi” (o meglio denominata roto-scoliosi) indica una condizione definita in letteratura come benigna, progressiva e che permane in qualsiasi posizione, in cui è presente una deformazione strutturale e tridimensionale della colonna spinale, in cui si delinea sia una rotazione dei corpi vertebrali, ma anche una loro inclinazione laterale e che può esistere in qualsiasi regione della colonna vertebrale (Menger and Sin, 2019) (Karimi and Rabczuk, 2018).
La roto-scoliosi
Dobbiamo sottolineare come la roto-scoliosi sia un’alterazione intrinseca della colonna vertebrale ma, soprattutto dal punto di vista osteopatico, sia un’alterazione che interessa soprattutto i suoi meccanismi di supporto sul piano coronale (o frontale), a causa del rimodellamento dei tessuti vertebrali stessi, favorendo così una perdita di flessibilità e una diminuzione del range articolare delle unità vertebrali interessate, ma anche (se presente nella regione dorsale delle colonna spinale) della capacità di movimento delle coste e della gabbia toracica (Menger and Sin, 2019) (Karimi and Rabczuk, 2018).
Essa può essere idiopatica, ossia che non si è riconosciuta una causa che ne determini l’insorgenza, oppure può essere secondaria ad un’altra condizione: il 20%-25% dei casi infatti annovera tra le cause di manifestazione almeno una patologia, un infortunio, una mutazione o alterazioni congenite, una dismetria degli arti inferiori (anche se si ricorda che una discrepanza nella lunghezza degli arti inferiori si osserva solitamente in circa il 3-15% della popolazione) o un’asimmetria del cingolo pelvico (Menger and Sin, 2019) (Karimi and Rabczuk, 2018) (Petrizzo and Frangella, 2018) (Feely and Kapraun, 2017).
La scoliosi funzionale
Al contrario una scoliosi funzionale, o chiamata anche atteggiamento scoliotico, è un’alterazione modificabile a livello della colonna vertebrale: essa infatti riesce a riprendere una configurazione fisiologica quando il Paziente si sdraia o effettua un’inclinazione laterale dallo stesso lato della convessità della curva (Menger and Sin, 2019) (Karimi and Rabczuk, 2018).
Considerazioni funzionali e conseguenze di una roto-scoliosi
Se vogliamo approfondire il discorso a livello funzionale, un’alterazione vertebrale come quella sopra descritta, può essere considerata come la conseguenza delle relazioni che si interpongono tra diversi sistemi corporei, per esempio tra il sistema posturale, il sistema dell’equilibrio, quello muscolo-scheletrico, sia in termini di tono e trofia muscolare e densità ossea, tra il sistema nervoso centrale e quello psico-emotivo, ma anche tra i sistemi sensoriali (in particolar modo vista e udito) e quello endocrino (soprattutto in relazione al menarca) (Karimi and Rabczuk, 2018) (Hawes and O’Brien, 2006).
Proprio per questo suo substrato sistemico, la roto-scoliosi (ma anche una scoliosi funzionale che può comunque progredire e aggravarsi nel tempo) è una condizione corporea che va trattata fin dagli esordi, al fine di ottenere una migliore gestione delle porzioni vertebrali interessate, ma anche degli arti inferiori e superiori, del tronco e dell’addome e del loro contenuto, soprattutto per quanto riguarda Pazienti pediatrici, in cui è stata appena rilevata, ma in ogni caso anche per quanto riguarda i soggetti più anziani (Weiss et al., 2016).
Se non trattata, o comunque gestita attraverso cambiamenti comportamentali, le conseguenze di una roto-scoliosi potrebbero essere: la presenza di dolore cronico, soprattutto a livello della colonna spinale, un interessamento della funzione cardio-polmonare, soprattutto per quanto riguarda la restrizione della compliance polmonare, una diminuzione della qualità di vita, sia come attività personali giornaliere che come grado di socialità, problematiche muscolo-scheletriche e articolari per l’uso asimmetrico del corpo derivante della deviazione stessa, come anche disturbi della propriocezione, la possibilità di insorgenza di artrite e di radicolopatie, disturbi dell’equilibrio, soprattutto durante la camminata e di conseguenza anche anomalie dell’andatura (Menger and Sin, 2019) (Karimi and Rabczuk, 2018).
Esame obiettivo posturale osteopatico in caso di roto-scoliosi
L’equilibrio posturale è definito come la capacità di mantenere l’ortostasi, senza assistenza e senza cadute, tramite adattamenti efficienti che fanno interagire in maniera efficace, per ogni singola persona in modo unico e irripetibile, le varie parti del soggetto fra di loro e con lo spazio che le circonda (Kostiukov et al., 2009).
L’esame della funzionalità dell’equilibrio posturale del Paziente è quindi un passaggio meticoloso e fondamentale durante le visite osteopatiche, proprio per le sue molteplici interrelazioni sistemiche che abbiamo già visto comunque essere notevolmente coinvolte in un quadro di roto-scoliosi, le quali si instaurano a livello corporeo anche a distanza (Kostiukov et al., 2009).
Si deve però sottolineare e sempre tenere bene a mente che in posizione statica il centro di massa corporeo si trova relativamente sopraelevato, mentre la base di appoggio è solitamente ridotta: dati questi due elementi, si capisce come la postura sia intrinsecamente sia instabile che dinamica. Pertanto, è importante evidenziare che semplici considerazioni biomeccaniche a questo livello possono spiegare il comportamento posturale solo in parte (Ivanenko and Gurkinkel, 2018) (Shadmehr, 2017).
L’approccio osteopatico alla roto-scoliosi
Date queste premesse, dobbiamo quindi necessariamente accentuare che l’approccio osteopatico, come anche durante l’esame obiettivo posturale, analizza il corpo del Paziente in toto e a livello multidimensionale, basandosi su diversi parametri: colore, secchezza, umidità e temperatura della cute, presenza di edemi, foruncoli o arrossamenti, tensioni viscerali, distribuzione dei carichi e disposizione del corpo nello spazio, confronto tra porzione destra e sinistra, sia a livello di stabilità che di movimento, simmetria tra le componenti anatomiche contigue e non (in particolare per quanto riguarda le zone ricche di recettori come a livello dell’allineamento oculare, dell’articolazione temporo-mandibolare e dell’appoggio plantare) e rinvenimento di disfunzioni somatiche primarie e secondarie (Fryer et al., 2009).
Il Paziente permane quindi nella posizione a lui più comoda per qualche minuto, mentre l’osteopata lo osserva sia da lontano che da vicino e testa funzionalmente le varie parti del corpo, le loro proporzioni e le loro correlazioni, che non sempre si trovano a livello loco-regionale, sia in ortostasi che da sdraiato sul lettino (Fryer et al., 2009).
In caso di roto-scoliosi sarà utile prestare attenzione in particolar modo alle alterazioni sul piano frontale e per quanto riguarda la linea di gravità mediana, al fine di identificare eventuali deviazioni latero-torsive, mentre sul piano laterale e a livello della linea di gravità laterale sarà doveroso identificare eventuali deviazioni antero-posteriori, soprattutto a livello dei passaggi di curva e del cingolo pelvico (Fryer et al., 2009).
Nel caso di una roto-scoliosi infine, è utile procedere anche a un test manuale più appropriato, come l’Adam’s test, in associazione alla visione di una recente RX o risonanza magnetica, in cui si appura il posizionamento dei peduncoli vertebrali (Qiu et al., 2009).
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