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L’allattamento al seno spiegato da una mamma osteopata africana
Quella che vi proponiamo di seguito è una bellissima testimonianza sull’allattamento al seno scritta sul sito inglese InCultureParent, da J. Claire K. Niala, una mamma e osteopata keniota ma inglese d’adozione. L’articolo è stato ripreso dal sito italiano Genitorichannel.it e tradotto da Barbara Siliquini.
Claire racconta la sua esperienza di mamma nei primi sei mesi di vita della sua bambina alla riscoperta della vecchia saggezza affidata all’intuito materno.L’autrice J. Claire K. Niala è un osteopata che ha lavorato e vissuto in tre continenti ed ha visitato almeno un paese nuovo ogni anno, da quando aveva 12 anni. I suoi compagni di viaggio preferiti sono la madre e la figlia, le cui storie e interesse per chi le circonda hanno portato Claire a scoprire ed interagire con il mondo in modi che non avrebbe mai immaginato.
Sono nata e cresciuta in Kenya e Costa d’Avorio fino all’età di 15 anni, poi mi sono trasferita nel Regno Unito. Tuttavia, ho sempre saputo che volevo crescere i miei figli (quando li avrei avuti) a casa in Kenya. Sì, davo per scontato che li avrei avuti. Sono una donna africana moderna: con due lauree, appartengo alla quarta generazione di donne che lavorano, nella mia famiglia,ma quando si tratta di bambini, sono un’africana tradizionale.
Rimane in me la convinzione che la vita non sia completa senza figli e che i bambini sono una benedizione a cui è da folli rinunciare. Anzi, non avere figli non è neppure preso in considerazione.
La mia gravidanza iniziò nel Regno Unito. Con la gravidanza arrivò una tale spinta a tornare a casa, che al quinto mese avevo già venduto il mio studio, messo a punto una nuova attività, cambiato casa e continente. Quando mi scoprii in attesa feci quello che la maggior parte donne incinte nel Regno Unito avrebbe fatto, divoravo libri: Our Babies, Ourselves, Amarli senza se e senza ma, tutti i libri di W. Sears e l’elenco potrebbe continuare. (Mia nonna poi commentò che i bambini non leggono libri e che tutto quello che dovevo fare era “leggere” il mio bambino). Tutto quello che leggevo diceva che i bambini africani piangono meno dei bambini europei. Questo mi incuriosì molto, volevo scoprire perché.
Una volta a casa, in Kenia, mi misi ad osservare. Tendevo lo sguardo per vedere madri e bambini, ed erano ovunque, anche se i neonati africani sotto al mese e mezzo di vita rimanevano per lo più a casa. La prima cosa che notai fu che, nonostante la loro ubiquità, era in realtà molto difficile “vedere” davvero un neonato keniano. Di solito sono incredibilmente ben avviluppati, prima di essere portati in braccio o fasciati sulla loro mamma (a volte il papà). Anche i più grandini, fasciati sulla schiena degli adulti, vengono ulteriormente protetti dall’esterno da un telo di grandi dimensioni. Saresti già fortunato a scorgere un arto, figuriamoci un occhietto o il naso. Il modo in cui vengono fasciati è come la replica di un utero. I bambini sono letteralmente imbozzolati in modo da essere protetti dallo stress del mondo esterno in cui sono giunti.
La seconda osservazione che fu chiara era legata ad una differenza culturale. Nel Regno Unito è dato per assunto che i bambini piangano, il pianto è connaturato al bambino. In Kenya, è esattamente il contrario: è dato per assunto che i bambini non piangono. Se lo fanno è segno di qualcosa di terribilmente sbagliato e occorre agire immediatamente per porre rimedio, rimuovere la causa. Mia cognata inglese una volta disse: “Alla gente qui non piace proprio che i bambini piangano, vero?”. Trovai che la sua osservazione riassumeva proprio bene questa differenza.
Tutto diventò molto più chiaro quando finalmente partorii e arrivò mia nonna dal villaggio a trovarmi. In effetti la mia bambina piangeva abbastanza spesso. Esasperata e stanca, dimenticai tutto quello che avevo mai letto e, a volte volevo piangere con lei. Ma per mia nonna era molto semplice: “Nyonyo!”, “Dalle il tuo seno!”, era la sua risposta ad ogni singolo vagito. C’erano momenti in cui era un pannolino bagnato, oppure in cui voleva venire in braccio, o aveva bisogno di fare un ruttino, ma per lo più voleva solo stare al seno – e non importava se voleva mangiare o se aveva solo bisogno di un momento di conforto. La indossavo, in fascia, praticamente sempre e facevamo co-sleeping (dormivamo insieme) così portarla spesso al seno era una naturale estensione di quello che già facevamo.
All’improvviso mi fu chiaro il segreto non così nascosto del silenzio gioioso di bambini africani. Si trattava di una simbiosi fatta per soddisfare i bisogni. Una cosa che richiedeva una sospensione totale dell’idea di ciò che sarebbe dovuto essere, sostituita dall’accoglienza, senza condizionamenti, di ciò che stava realmente accadendo in quel momento. Il risultato era che mia figlia poppava molto – molto più di quanto avessi mai letto e almeno cinque volte tanto quanto previsto da alcuni dei più rigorosi schemi di poppate che avevo visto.
A circa quattro mesi, quando un sacco di mamme di città iniziano ad introdurre i cibi solidi nel rispetto degli schemi di svezzamento, mia figlia tornò a un ritmo di suzione da neonato: la allattavo ogni ora, fu uno shock totale. Negli ultimi quattro mesi, il tempo tra le poppate aveva cominciato ad aumentare, fino a consentirmi di ricominciare a trattare qualche paziente senza che i miei seni perdessero latte o che la baby-sitter interrompesse la seduta perché la bimba aveva bisogno di una poppata.
La maggior parte delle mamme, nel gruppo madri-neonati che frequentavo, aveva diligentemente iniziato a introdurre la crema di riso (per allungare il tempo fra le poppate) e tutti i professionisti coinvolti nella vita dei nostri figli – pediatri, anche doule, dicevano che andava bene: le mamme avevano bisogno di riposo, avevamo già fatto davvero tanto arrivando a quattro mesi di allattamento esclusivo al seno. Ci assicurarono che i nostri bambini sarebbero stati bene. Tuttavia dentro di me sentivo qualcosa di stonato in questo, e anche quando provai, senza troppa convinzione, a mescolare un po’ di papaia (il cibo tradizionale per lo svezzamento in Kenya) con del latte in polvere e lo offrii a mia figlia, lei non ne prese neanche un po’.
Così chiamai mia nonna. Lei si mise a ridere e mi chiese se avevo ricominciato a leggere libri. Mi spiegò che l’allattamento al seno è tutt’altro che lineare.
“Ti dirà lei quando sarà pronta per il cibo – anche il suo corpo te lo dirà.”
“Che cosa faccio fino ad allora?” chiesi ansiosa.
“Fai quello che hai fatto fin’ora, semplicemente nyonyo”. Così la mia vita rallentò di nuovo praticamente fermandosi.
Mentre molti dei miei coetanei rimanevano meravigliati di come i loro figli dormivano più a lungo ora che avevano introdotto le creme di riso e addirittura si avventuravano su altri alimenti, io mi svegliavo ogni due ore con mia figlia e informavo i pazienti che il ritorno al lavoro non sarebbe stato come avevo previsto.
Presto scoprii che mi stavo trasformando, del tutto involontariamente, in un servizio di sostegno informale per altre mamme di città. Il mio numero di telefono cominciò a girare fra le mamme e spesso, mentre allattavo la mia bimba mi sentivo pronunciare le parole: “Sì, continua ad allattarlo. Sì, anche se lo hai appena allattato. Sì, succede che non riesci a trovare il tempo di toglierti il pigiama in tutta la giornata. Sì, hai bisogno di mangiare e bere come un cavallo. No, non è il caso di prendere in considerazione di tornare al lavoro se ti puoi permettere di non farlo.”
Infine, rassicuravo le mamme: “Stai tranquilla, poi diventa più facile.” Su quest’ultima frase facevo una professione di fede, visto che per me le cose non erano ancora diventate più facili.
Una settimana prima che la mia bimba compisse cinque mesi, tornammo in Inghilterra per un matrimonio e per presentarla a familiari e amici. Non avevo particolari esigenze e così fu semplice continuare a seguire i suoi schemi di poppata. Andavo avanti, nonostante gli sguardi sconcertati di molti stranieri per il fatto che allattavo mia figlia in luoghi pubblici vari (molti “spazi allattamento” in luoghi pubblici erano relegati nei bagni, e non riuscivo proprio ad usarli).
Al matrimonio, a tavola, le persone vicine a noi osservarono: “che bimba tanquilla – certo che l’allatti ancora tanto”. Non dissi nulla, ma quando un’altra signora commentò: “anche se ho letto da qualche parte che i bambini africani non piangono quasi mai”. Non potei trattenere una bella risata.
La cosa più importante che mi ha guidato è stata la saggezza dolce di mia nonna:
- Offrile il seno ogni singola volta in cui la bimba ha qualcosa che non va – anche se lo hai appena fatto.
- Dormi insieme a lei (co-sleeping). Così puoi allattarla prima che lei si svegli del tutto e questo le consentirà di tornare a dormire più facilmente e potrai riposare di più.
- Portare sempre con te una bottiglia di acqua la sera: per mantenerti idratata e far scorrere il latte.
- Fai dell’allattamento la tua priorità (in particolare durante gli scatti di crescita) e prendi da quelli intorno a te tutto l’aiuto che puoi. E ricorda: c’è ben poco che non possa attendere.
Leggi il tuo bambino, non i libri. L’allattamento al seno non è lineare – va su e giù o è circolare. E ricorda: sei tu l’esperta dei bisogni di tua figlia.
Ps. L’immagine che vedete è un quadro di un artista senegalese che lavora sulla spiaggia di Torre Lapillo, a Porto Cesareo, realizzato con diversi tipi di sabbia del Senegal. Questo è un ragazzo che non riesce ad avere un permesso di soggiorno definitivo perché è ovviamente impossibile assumere a tempo indeterminato un artista!!
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Sto allattando anche il mio secondo figlio che ha 14 mesi… Dopo aver letto questo ho pensato prima che vorrei essere africana anche io… ho sempre sentito una sensazione di effetto calamita verso le persone di colore (sopratutto africani) hanno un qualcosa che mi affascina e spessissimo ho notato in loro l’essere in possesso di tranquillità, di serenità, di pace, di riflessione. Poi la seconda cosa che ho pensato è che andrò avanti e sta’ volta a testa alta, ad allattare il mio cucciolo d’uomo. Non darò più peso a tutte le persone che ogni tanto mi dicono e mi diranno "ma lo allatti ancora…" come se stessi creando problemi a qualcuno… Beh sì, lo allattero’ finché lui vorrà. Prima o poi arriverà il momento in cui da solo sentirà la serenità di poterne fare a meno.
Che storia meravigliosa!!!! Come del resto tutte le donne africane, hanno un potenziale enorme perche ancora non sono "vittime" di un sitema medicalizzato occidentale, seguono la vera natura madre-bambino, iniziando con il dare la giusta importanza alla placenta e poi all’allattamento. Si vedono bambini gioiosi pur non avendo nulla, ma quel nulla non importa più di tanto perché i loro processi fisiologici di crescita li vivono totalmente senza lacune. Abbiamo molto da imparare, io potrei stare ore ad osservare queste donne nei villaggi, sono saggezza pure e non c’è libro che possa insegnare tutto ciò !!!
Da osteopata ed amante del Kenya.
I Tett- Talebani all’attacco!! Ma possibile che si pubblichino questo genere di articoli senza la minima considerazione ne per le madri (che con l’allattamento diventano ostaggio e schiave del proprio figlio- provare per credere- io ho allattato mio figlio per un anno a richiesta – difficilissimo!) e ne per le situazioni "moderne" che vivono le madri delle grandi città: spesso sole, senza un nucleo famigliare sulla quale poter fare affidamento, senza strutture gratuite che possano dare una aiuto concreto quotidiano, senza la "forma mentis" e la vocazione al sacrificio? Già, perchè è troppo facile pretendere da noi donne che abbiamo questo tipo di vita frenetica ma anche agiata, molto diversa da quella delle donne africane,è assurdo pretendere che accettiamo di punto in bianco di diventare solo estensioni del proprio figlio, solo schiave in totale solitudine dei ritmi serrati dell’allattamento (provate a stare da soli tutto il giorno con un bambino costantemente attaccato al seno per mesi, poi ne riparliamo).
comunque mio figlio ha pianto come un pazzo per tutto il primo anno nonostante io l’abbia allattato fino a sfinirmi. Forse consigliare questo tipo di estremismi porta solo sensi di colpa nelle madri e i bambini nel 90% dei casi piangono perchè la mamma non sta bene, magari perchè si è esaurita anche a forza di allattare. Quindi finitela di fare gli estremisti e di pubblicare questo tipo di articoli estremisti. Grazie V
Cara Vanessa, distinguerei decisamente l’estremismo dalla natura. In natura l’allattamento va fatto in linea di massima come è descritto nell’articolo. Le esigenze logistiche, il contesto culturale in cui si vive, le condizioni innaturali di alcune città italiane comportano certamente degli adattamenti che però sono sempre scelte individuali.
io ho allattato quasi esclusivamente il mio bambino fino a 11 mesi ed ho continuato ad allattarlo fino a 3 anni e 4 mesi, finché non si è staccato da solo…. Lo rifarei senza ombra di dubbio!
vanessa potevi evitare di fare un figlio no? Così eri più serena.. Povero bambino davvero povero
Ashia: questo è il tipico commento di chi fa degli estremismi la propria bandiera. Le difficoltà sono umane, è umano non prendere serenamente un ruolo così difficile e importante e bellissimo come quello di essere madre. Dire povero bambino a mio figlio solo perchè a me non è piaciuto allattare mi pare un po’ povero come commento e appunto tipico di chi non sa che essere estremo: visto che non se stata serena sul tema allora dovevi proprio evitare di farlo.
Comunque per la cronaca, ne ho rifatto un altro e sono felicissima di entrambi, ma ho rifatto tutto con più esperienza e meno vittima di questi estremismi sul tema allattamento e devo dire che ho trovato la mia strada.
A me infastidisce soltanto questo continuo promulgare l’allattamento a richiesta come il vero- unico e solo Santo Graal della maternità. Non sei più madre se a ogni pianto di tuo figlio gli cacci una tetta in bocca! Finiamola con questi estremismi fuori luogo che rendono solo la vita più difficile alle donne.
Hai scoperto il biberon brava complimenti .. Almeno ti possono aiutare tutti, povere donne che non sanno più nemmeno occuparsi delle proprie creature senza un esercito di aiuto.. Io ne ho fatti 4 e gestisco una fattoria didattica eppure.. Non ho bisogno di agenti esterni per trovare il mio equilibrio. Essere talebane perché si rispetta la natura? Anche tu mi sembri talebana nel tuo discorso vittimistico.. I figli bisognerebbe farli quando si è pronte a smettere di essere egocentriche e lamentose. Ti giuro leggere che ne hai fatto un altro è proprio la conferma che sei molto molto confusa. Se ti ha tirato i nervi occuparti di uno, perché far è un altro? Se non si è in grado nemmeno di occuparsi della prima importantissima fase di vita dei propri figli, perché metterli al mondo? Che tristezza!
@Asiah, mamma mia quanto livore e quanti giudizi riservati tutti a una persona e una situazione che conosci poco o nulla (la mia)! Credo che tanta rabbia e tanti giudizi gratuiti per poche idee scambiate sul web nascondano un TUO malessere, non mio.
Sai, la vita mi ha insegnato che non siamo tutte uguali e che ognuno di noi reagisce diversamente davanti alle stesse situazioni. Che dire? io non ho nulla contro chi allatta al seno (anche perchè l’ho fatto per il primo e lo stò facendo anche per il secondo…) sono solo contro gli estremismi portati avanti come se fossero le uniche verità buone per tutti e guai a chi non ci riesce o non lo fa.
Tu hai trovato la tua strada, e son contenta per te, ma non capisco come possa permetterti di dare giudizi su una persona che non conosci e che ha solo detto che l’allattamento come descritto nell’ articolo non è per tutte come invece si vuol far credere qui. Sempre per la cronaca: non ho scoperto il biberon, ho scoperto che esiste l’allattamento non a richiesta e per noi funziona benissimo, stiamo bene e non mi sento meno madre per questo…anzi!
Io ti lascio, non ho più voglia e tempo di discutere con una persona così arrabbiata e priva di equilibrio come mi sembra che tu sia. Buona fortuna.
Cara vanessa anch’io ho trovato faticoso allattare i miei figli al seno(le ragadi erano uno strazio!).
Leggendo questo articolo sono stata rapita dalla serenità che mi trasmetteva…
Quando sono arrivata al tuo commento mi sono sentita letteralmente strappare via da questo stato…che ansia! Che stress che si percepisce!
Non credo che l articolo imponga qualcosa a qualcuno, soltanto sottolinea l importanza del gesto d amore totale che può (e non deve!) fare una mamma per il suo cucciolo che così piccolo non è altro che una estensione di se stessa.
L’ OMS da le proprie direttive…e nessuno fiata!
Io non credo che l articolo sia estremista e se tu l hai visto così allora credo ( umilmente) che il senso di colpa a cui accennavi venga dal fatto che magari anche a te sarebbe piaciuto farcela ma che poi ( come tante altre mamme) tu sia stata sopraffatta dagli altri doveri di donna che per te hanno una rilevante,e legittima, importanza.
Mi dispiace che tu non abbia colto la stessa serenità che ho colto io ma va bene siamo diversi, ma quel che mi dispiace di più è la parola "smettere". Io dico invece di continuare, infondo, se ci pensi bene cos’è qualche mese o anno dedicato solo al tuo bambino rispetto ad una intera vita? Un periodo però che per lui è estremamente significante.
Asiah non tutte le mamme hanno la stessa percezione della maternità, e non tutte siamo della stessa fibra!
Cara Nadia,
Ti ringrazio davvero per l’equilibrio e la gentilezza delle tue parole. Sono d’accordo con te: il tema allattamento mi ha stressata non poco, forse anche perchè io per prima sono stata davvero un’"estremista della tetta": ho allattato il mio primo figlio a richiesta e senza sosta proprio come descritto dall’articolo per quasi un anno.
Purtroppo non ero affatto serena in questi 11 mesi di allattamento.
Questo ovviamente è stato un mio errore: come dici tu, non tutte siamo uguali e io avrei potuto/dovuto trovare qualcosa di più vicino a me come ritmi e stress emotivo che ne derivava. E’ stato un errore mio quindi, ma ti posso assicurare che sono stata anche mal consigliata in un momento per me davvero delicatissimo: tutti gli operatori del settore che ho trovato, nonostante fossi ridotta uno straccio, non facevano che consigliarmi di andare avanti come stavo facendo anche se era evidente che mi stavo auto-distruggendo in nome del bene di mio figlio.
Sempre più spesso insomma mi piacerebbe trovare articoli in cui si dica che allattare è la cosa migliore da fare, ma anche che il bene della mamma (psicologico) e del bambino devono andare di pari passo e non uno "annientare" l’altro. Tutto qui.
Io infatti non consiglierei di smettere di allattare, ma semplicemente di fare le cose trovando un equilibrio fra mamma e bambino e mi piacerebbe che sul tema ci fosse maggiore sensibilità anche per il bene delle mamme. A me è ad esempio successo così con il mio secondo figlio: 7 mesi e allattato al seno – ma ad orario e stiamo entrambi una meraviglia, finalmente ho scoperto il piacere e la serenità dell’allattamento.
Forse nel mio primo commento mi sono espressa con foga, mi dispiace, ma è solo perchè il tema mi ha molto toccata, e spero che se ci leggerà qualcuna che sta passando le stesse cose che ho provato io col mio primo figlio, possa trarne un poco di coraggio e sentirsi meno sola di come mi sono sentita io sul tema…grazie mille per avermi ascoltata, ciao V
Ora ho capito meglio il tuo sfogo, io provo qlcs di simile quando leggo articoli sulle ragadi. Purtroppo ho provato sulla mia pelle creme cremette e seni al vento, tutti metodi che lasciano seccare la ragade e nel momento in cui ti si attacca il cucciolo vedi tutto il firmamento….le ragadi se ne vanno più in fretta e soffri meno se le lasci umide sotto la protezione dei capezzoli d argento! Sono il massimo a mio parere. L argento mantiene la pelle disinfettata e l umidità che si forma da sola mantiene le ferite morbide…che avventura l allattamento!
E aggiungo, con ognuno dei miei 4 figli è stata una esperienza diversa dall altra.
Come dici tu Vanessa bisogna trovare l equilibrio e non è facile, se sei in difficoltà, trovare qlcn che ti sappia ben consigliare…
Buona avventura mamme e ascoltate il vostro cuore..
Cara Nadia,
Ti ringrazio davvero per l’equilibrio e la gentilezza delle tue parole. Sono d’accordo con te: il tema allattamento mi ha stressata non poco, forse anche perchè io per prima sono stata davvero un’"estremista della tetta": ho allattato il mio primo figlio a richiesta e senza sosta proprio come descritto dall’articolo per quasi un anno.
Purtroppo non ero affatto serena in questi 11 mesi di allattamento.
Questo ovviamente è stato un mio errore: come dici tu, non tutte siamo uguali e io avrei potuto/dovuto trovare qualcosa di più vicino a me come ritmi e stress emotivo che ne derivava. E’ stato un errore mio quindi, ma ti posso assicurare che sono stata anche mal consigliata in un momento per me davvero delicatissimo: tutti gli operatori del settore che ho trovato, nonostante fossi ridotta uno straccio, non facevano che consigliarmi di andare avanti come stavo facendo anche se era evidente che mi stavo auto-distruggendo in nome del bene di mio figlio.
Sempre più spesso insomma mi piacerebbe trovare articoli in cui si dica che allattare è la cosa migliore da fare, ma anche che il bene della mamma (psicologico) e del bambino devono andare di pari passo e non uno "annientare" l’altro. Tutto qui.
Io infatti non consiglierei di smettere di allattare, ma semplicemente di fare le cose trovando un equilibrio fra mamma e bambino e mi piacerebbe che sul tema ci fosse maggiore sensibilità anche per il bene delle mamme. A me è ad esempio successo così con il mio secondo figlio: 7 mesi e allattato al seno – ma ad orario e stiamo entrambi una meraviglia, finalmente ho scoperto il piacere e la serenità dell’allattamento.
Forse nel mio primo commento mi sono espressa con foga, mi dispiace, ma è solo perchè il tema mi ha molto toccata, e spero che se ci leggerà qualcuna che sta passando le stesse cose che ho provato io col mio primo figlio, possa trarne un poco di coraggio e sentirsi meno sola di come mi sono sentita io sul tema…grazie mille per avermi ascoltata, ciao V
Sto allattando anche il mio secondo figlio che ha 14 mesi… Dopo aver letto questo ho pensato prima che vorrei essere africana anche io… ho sempre sentito una sensazione di effetto calamita verso le persone di colore (sopratutto africani) hanno un qualcosa che mi affascina e spessissimo ho notato in loro l’essere in possesso di tranquillità, di serenità, di pace, di riflessione. Poi la seconda cosa che ho pensato è che andrò avanti e sta’ volta a testa alta, ad allattare il mio cucciolo d’uomo. Non darò più peso a tutte le persone che ogni tanto mi dicono e mi diranno "ma lo allatti ancora…" come se stessi creando problemi a qualcuno… Beh sì, lo allattero’ finché lui vorrà. Prima o poi arriverà il momento in cui da solo sentirà la serenità di poterne fare a meno.
Hai scoperto il biberon brava complimenti .. Almeno ti possono aiutare tutti, povere donne che non sanno più nemmeno occuparsi delle proprie creature senza un esercito di aiuto.. Io ne ho fatti 4 e gestisco una fattoria didattica eppure.. Non ho bisogno di agenti esterni per trovare il mio equilibrio. Essere talebane perché si rispetta la natura? Anche tu mi sembri talebana nel tuo discorso vittimistico.. I figli bisognerebbe farli quando si è pronte a smettere di essere egocentriche e lamentose. Ti giuro leggere che ne hai fatto un altro è proprio la conferma che sei molto molto confusa. Se ti ha tirato i nervi occuparti di uno, perché far è un altro? Se non si è in grado nemmeno di occuparsi della prima importantissima fase di vita dei propri figli, perché metterli al mondo? Che tristezza!
Che storia meravigliosa!!!! Come del resto tutte le donne africane, hanno un potenziale enorme perche ancora non sono "vittime" di un sitema medicalizzato occidentale, seguono la vera natura madre-bambino, iniziando con il dare la giusta importanza alla placenta e poi all’allattamento. Si vedono bambini gioiosi pur non avendo nulla, ma quel nulla non importa più di tanto perché i loro processi fisiologici di crescita li vivono totalmente senza lacune. Abbiamo molto da imparare, io potrei stare ore ad osservare queste donne nei villaggi, sono saggezza pure e non c’è libro che possa insegnare tutto ciò !!!
Da osteopata ed amante del Kenya.
I Tett- Talebani all’attacco!! Ma possibile che si pubblichino questo genere di articoli senza la minima considerazione ne per le madri (che con l’allattamento diventano ostaggio e schiave del proprio figlio- provare per credere- io ho allattato mio figlio per un anno a richiesta – difficilissimo!) e ne per le situazioni "moderne" che vivono le madri delle grandi città: spesso sole, senza un nucleo famigliare sulla quale poter fare affidamento, senza strutture gratuite che possano dare una aiuto concreto quotidiano, senza la "forma mentis" e la vocazione al sacrificio? Già, perchè è troppo facile pretendere da noi donne che abbiamo questo tipo di vita frenetica ma anche agiata, molto diversa da quella delle donne africane,è assurdo pretendere che accettiamo di punto in bianco di diventare solo estensioni del proprio figlio, solo schiave in totale solitudine dei ritmi serrati dell’allattamento (provate a stare da soli tutto il giorno con un bambino costantemente attaccato al seno per mesi, poi ne riparliamo).
comunque mio figlio ha pianto come un pazzo per tutto il primo anno nonostante io l’abbia allattato fino a sfinirmi. Forse consigliare questo tipo di estremismi porta solo sensi di colpa nelle madri e i bambini nel 90% dei casi piangono perchè la mamma non sta bene, magari perchè si è esaurita anche a forza di allattare. Quindi finitela di fare gli estremisti e di pubblicare questo tipo di articoli estremisti. Grazie V
io ho allattato quasi esclusivamente il mio bambino fino a 11 mesi ed ho continuato ad allattarlo fino a 3 anni e 4 mesi, finché non si è staccato da solo…. Lo rifarei senza ombra di dubbio!
Cara Vanessa, distinguerei decisamente l’estremismo dalla natura. In natura l’allattamento va fatto in linea di massima come è descritto nell’articolo. Le esigenze logistiche, il contesto culturale in cui si vive, le condizioni innaturali di alcune città italiane comportano certamente degli adattamenti che però sono sempre scelte individuali.
Ashia: questo è il tipico commento di chi fa degli estremismi la propria bandiera. Le difficoltà sono umane, è umano non prendere serenamente un ruolo così difficile e importante e bellissimo come quello di essere madre. Dire povero bambino a mio figlio solo perchè a me non è piaciuto allattare mi pare un po’ povero come commento e appunto tipico di chi non sa che essere estremo: visto che non se stata serena sul tema allora dovevi proprio evitare di farlo.
Comunque per la cronaca, ne ho rifatto un altro e sono felicissima di entrambi, ma ho rifatto tutto con più esperienza e meno vittima di questi estremismi sul tema allattamento e devo dire che ho trovato la mia strada.
A me infastidisce soltanto questo continuo promulgare l’allattamento a richiesta come il vero- unico e solo Santo Graal della maternità. Non sei più madre se a ogni pianto di tuo figlio gli cacci una tetta in bocca! Finiamola con questi estremismi fuori luogo che rendono solo la vita più difficile alle donne.
@Asiah, mamma mia quanto livore e quanti giudizi riservati tutti a una persona e una situazione che conosci poco o nulla (la mia)! Credo che tanta rabbia e tanti giudizi gratuiti per poche idee scambiate sul web nascondano un TUO malessere, non mio.
Sai, la vita mi ha insegnato che non siamo tutte uguali e che ognuno di noi reagisce diversamente davanti alle stesse situazioni. Che dire? io non ho nulla contro chi allatta al seno (anche perchè l’ho fatto per il primo e lo stò facendo anche per il secondo…) sono solo contro gli estremismi portati avanti come se fossero le uniche verità buone per tutti e guai a chi non ci riesce o non lo fa.
Tu hai trovato la tua strada, e son contenta per te, ma non capisco come possa permetterti di dare giudizi su una persona che non conosci e che ha solo detto che l’allattamento come descritto nell’ articolo non è per tutte come invece si vuol far credere qui. Sempre per la cronaca: non ho scoperto il biberon, ho scoperto che esiste l’allattamento non a richiesta e per noi funziona benissimo, stiamo bene e non mi sento meno madre per questo…anzi!
Io ti lascio, non ho più voglia e tempo di discutere con una persona così arrabbiata e priva di equilibrio come mi sembra che tu sia. Buona fortuna.
Ora ho capito meglio il tuo sfogo, io provo qlcs di simile quando leggo articoli sulle ragadi. Purtroppo ho provato sulla mia pelle creme cremette e seni al vento, tutti metodi che lasciano seccare la ragade e nel momento in cui ti si attacca il cucciolo vedi tutto il firmamento….le ragadi se ne vanno più in fretta e soffri meno se le lasci umide sotto la protezione dei capezzoli d argento! Sono il massimo a mio parere. L argento mantiene la pelle disinfettata e l umidità che si forma da sola mantiene le ferite morbide…che avventura l allattamento!
E aggiungo, con ognuno dei miei 4 figli è stata una esperienza diversa dall altra.
Come dici tu Vanessa bisogna trovare l equilibrio e non è facile, se sei in difficoltà, trovare qlcn che ti sappia ben consigliare…
Buona avventura mamme e ascoltate il vostro cuore..
vanessa potevi evitare di fare un figlio no? Così eri più serena.. Povero bambino davvero povero
Cara vanessa anch’io ho trovato faticoso allattare i miei figli al seno(le ragadi erano uno strazio!).
Leggendo questo articolo sono stata rapita dalla serenità che mi trasmetteva…
Quando sono arrivata al tuo commento mi sono sentita letteralmente strappare via da questo stato…che ansia! Che stress che si percepisce!
Non credo che l articolo imponga qualcosa a qualcuno, soltanto sottolinea l importanza del gesto d amore totale che può (e non deve!) fare una mamma per il suo cucciolo che così piccolo non è altro che una estensione di se stessa.
L’ OMS da le proprie direttive…e nessuno fiata!
Io non credo che l articolo sia estremista e se tu l hai visto così allora credo ( umilmente) che il senso di colpa a cui accennavi venga dal fatto che magari anche a te sarebbe piaciuto farcela ma che poi ( come tante altre mamme) tu sia stata sopraffatta dagli altri doveri di donna che per te hanno una rilevante,e legittima, importanza.
Mi dispiace che tu non abbia colto la stessa serenità che ho colto io ma va bene siamo diversi, ma quel che mi dispiace di più è la parola "smettere". Io dico invece di continuare, infondo, se ci pensi bene cos’è qualche mese o anno dedicato solo al tuo bambino rispetto ad una intera vita? Un periodo però che per lui è estremamente significante.
Asiah non tutte le mamme hanno la stessa percezione della maternità, e non tutte siamo della stessa fibra!