a cura del dott. D. Bongiorno D.O. M.R.O. (I)
davidebongiorno.wordpress.com
e-mail: davidebongiorno.do@libero.it

Premessa: questo post, insieme ad altri che verranno pubblicati in questo blog, fanno parte di un progetto di verifica delle nozioni di anatomia viscerale che verrà, con maggiore compiutezza, esposto nell’ambito del mio Corso Postgraduate “FUSAE – Fascial-motion UltraSonographic Anatomic Evaluation. I movimenti nascosti” (sedi e date da definire).

Una piccola parentesi terminologica:

Ecografia: metodica di imaging
Ecografo: (device) strumento che consente di eseguire l’ecografia
Ecografista: colui che esegue l’indagine ecografica utilizzando l’ecografo [in Italia non esiste la figura del sonographer (tecnico che al pari dei TSRM esegue l’ecografia per poi sottoporla al medico che repertandola ne scrive dettagli e conclusioni). In ambito non-diagnostico attualmente utilizzano l’ecografo i fisioterapisti che seguono un percorso di formazione per la RUSI (Rehabilitation UltraSonographic Imaging) e gli infermieri professionali dei dipartimenti di Emergenza-Urgenza].

Il primo vantaggio, come alcuni osteopati già conoscono, dell’uso della metodica ecografica, è la sua scarsa invasività, permettendo di rispettare la neutralità del paziente.

Il secondo vantaggio rilevante è la possibilità di avere la libertà, ove possibile, di escogitare punti non-standard o atipici di insonazione per la visualizzazione degli organi addominali, parlando espressamente di viscerale, pur qui non trattandosi di formulare una diagnosi medica (es. calcolosi renale o colecistica, cisti o angiomi epatici…) dove alcune misurazioni e approcci sono obbligatoriamente standardizzati da linee guida.
Ammetto che lo studio osteopatico dei visceri mi ha insegnato una anatomia dinamica e funzionale, attraverso la quale ricerco strutture con modi che sono affatto conosciuti da altri ecografisti.

Soltanto conoscendo nel dettaglio l’ecografia e l’ecografo si possono considerare i limiti di una metodica di imaging che ricostruisce l’immagine tramite gli ULTRASUONI (echi) di ritorno alla sonda. Dobbiamo pertanto considerare l’immagine ottenuta non come reale ma realistica. Si devono poi considerare altri limiti correlati alle caratteristiche dei pazienti: ad esempio in quelli con meteorismo intestinale gli ultrasuoni determinano degli artefatti (rumori) di riverbero che impediscono l’identificazione  precisa di alcune strutture.

In altri casi è ancora la metodica stessa ad evidenziare i sui limiti nel visualizzare direttamente alcune strutture ambiziose, come ad esempio lo sfintere di Oddi o il Treitz. In tal caso si ricercano queste strutture anatomiche nelle aree che le rappresentano e comprendono e che sono ben identificabili (ad es. tratto terminale del coledoco per l’Oddi o la quarta porzione duodenale per il Treitz).

In particolare per il pancreas ed il duodeno, alle scansioni ecografiche [fig.1a e 1b] ho associato, ove possibile, proiezioni radiografiche sia in orto- che in clino-statismo (supino) per cogliere le relazioni ma ancora meglio i livelli dei reperi cutanei addominali, nei vari quadranti, rispetto ai livelli delle vertebre dorsali e lombari. Per i radiogrammi è stato ulizzato un repere radio-opaco (filo metallico) posizionato nell’ombelico [qui sotto un esempio in fig.2].
In altri casi ho valutato alcune immagini del tubo digerente superiore con m.d.c. baritato.

Fig. 1a. Fonte: davidebongiorno.wordpress.com

Posizione della sonda addominale per eseguire una scansione assiale (come TC) del pancreas. Si vede la posizione rispetto la cicatrice ombelicale (piercing)

Fig. 1b. Fonte: davidebongiorno.wordpress.com

Questa è la scansione ecotomografica corrispondente alla foto (1a). Si identifica la oliva portale (OP), la vena cava (VC), l’aorta addominale (AO), l’antro gastrico, il fegato e la seconda porzione duodenale (D2).

Fig. 2. Fonte: davidebongiorno.wordpress.com